çeja
Fonte: Diçionäio zeneise-italian «Giovanni Casaccia» 2ª ed. (1876)
- s. f. Cera: La parte solida dei favi delle api, conformata in celle esagone, nelle quali è riposto il miele.
- Cera, per Tutte quelle cose composte di cera e bambagia per uso di ardere, come candele, torce e simili.
- — de Spagna; Cera di Spagna V. Lacca.
- — gianca; Cera bianca: La cera imbiancata.
- — ûsâ; Cera arsa od arsiccia, dicesi delle Candele o delle torce, che già sono state accese e che perciò si comperano a minor prezzo; e anche di Cera nuova che, adoperata per non lungo tempo, si restituisce al cerajuolo, pagandogliene il solo consumo.
- — vergine; Cera vergine, Cera gialla, Cera greggia: La cera naturalmente estratta da' favi, non ancora purgata, nè lavorata.
- Ingianchî a çeja; Imbiancar la cera: Lo esporla, ridotta in garzuolo (in sfêuggia), all'alternata azione della luce e della rugiada per farla diventare bianca.
- Piggiâ a çeja a-o consûmmo; Pigliare o Comperar la cera a calo o al consumo, vale Prendere o Comperar le torce o candele per restituirle al cerajuolo col solo pagamento di quanto esse siano calate V. A-o consûmmo.
Voci vicine: cegaeso; cegatô; cëghetto; cëgo; çeggia; çeja; çejalacca; ceiga; cëgûsso; çeimonia; çeimoniê.