cantâ
Fonte: Diçionäio zeneise-italian «Giovanni Casaccia» 2ª ed. (1876)
- v. n. Cantare: Mandar fuori misuratamente la voce, con modo ordinato a produrre melodia, e alquanto simile a quello col quale si produce melodia; ed è proprio dell'uomo e degli uccelli.
- Cantare, dicesi anche del gallo, del grillo e della cicala.
- — per Poetare, ed usasi attivamente: Canto a guæra de bestie, ecc.; Canto la guerra delle bestie, ecc.
- — per Recitare i versi con enfasi e con accompagnamento di quella specie di cantilena, per la quale la misura del verso s'intende meglio.
- — per Manifestare altrui, come fanno le spie, qualche cosa la qual sarebbe da tacersi: Gh'e stæto chi ha cantôu; Vi fu chi ha cantato.
- — a nannà; Cantar la ninna nanna, dicesi di Quella specie di cantilena o canzone, che si fa cantando ai bambini che giaciono in culla per addormentarli o per acquietarli.
- — cōmme ûnn-a calandra V. Calandra.
- — de gallinn-e; Schiamazzare: Il gridare o il cantare delle galline dopo aver fatto l'uovo.
- — destonnôu, Cantâ mâ, ecc.; Cantazzare.
- — d'oëgio; Cantare a orecchio o ad aria, cioè Senza cognizion dell'arte, ma solamente secondando colla voce la melodia udita dall'orecchio.
- — in ciave de basso, de tenô, ecc.; Cantare in basso, in tenore, ecc., dinota la chiave o la parte sulla quale si canta.
- — messa; Cantar messa: Dir la messa cantata.
- — sempre a mæxima cansōn; Essere sempre alla medesima cantilena, Non saper fare il latino che per gli attivi, Dir la canzone o la favola dell'uecellino; si usa proverb. e dicesi Quando nel discorrere si ripete sempre la medesima cosa, o di Chi non sa variare il suo parlare.
- — sōtto ō nōmme d'ûn tale; Cantar sotto il nome d'alcuno. T. comm. e vale Andar sotto il suo nome o sotto il suo titolo, e diccsi di Ragione, Negozi e simili.
- — ûnn-a cosa in mûxica; Far una cantata a uno, liscia, chiara, senza passaggi, ecc., Cantarla in musica, figurat. vale Dire apertamente e con libertà l'animo suo.
- A fâ cantâ ûn orbo ghe vêu ûn sōdo, a fâlo taxeì ghe ne vêu treì; Far come gli orbi di Milano o di Bologna, o Far come la vecchia di Veroa, un quaitrino a cominciare a cantare e due a finire. Modo prov. che dicesi di Chi dopo essersi fatto pregare a dir qualche cosa, dopo che ha cominciato non vuol più terminarla.
- A primma gallinn-a a cantâ a l'ha fæto l'êuvo; La gallina che schiamazza è quella che ba fatto l'uovo V. Euvo.
- A-a seja canta i ommi e ä mattin canta i ōxelli; Alla sera leoni, alla mattina babbioni. Prov. che dicesi di Chi alla sera essendo in bernecche cicaleccia e fa lo smargiasso; alla mattina poi, cessati i vapori del vino, è muto, abbiosciato, invilito, più timido di coniglio. Canta Gnecco; Canta Gnecco. Modo prov. assolutam. nostro, che dicesi abbia avuto origine da un cotal Gnecco, genovese, maestro di musica e poeta, il quale quando era brullo di denari, per averne montava la scena e cantava egli stesso. I Toscani usano dire E' non ce ne canta uno; perchè dove non è denaro, la borsa non rende suono.
- Carta canta e villan dormi; Carta canta e villan dorme, Carta canti e villan dorma, Chi ben istrumenta, hen s'addormenta, Lettere in carta, denari in arca. Prov. che significa Quando i contratti sono chiaramente spiegati in iscritto, si può vivere tranquilli sull'efficacia degli stessi.
- Fâ cantâ ûnn-a persōnn-a; Far cantar uno, Cavargli il passerotto o i calcetti, Dar intorno alle buche a uno, vale Cavar di bocca altrui una cosa, Fargliela dire con artificio mentre si studia di tacerla, Scavare il suo sentimento.
- Fâ conto che ûn ō cante; Far conto che uno canti, Lasciarlo zufolare, Far il dosso di buffone, Fare il formicon del sorbo, valeLasciar dire e tirar innanzi, Non badare o Non far istima delle parole di lui.
- I dinæ dō cappellan cantando végnan, cantando van V. Cappellan.
- L'ægua a fa mâ e ō vin ō fa cantâ V. Ægua.
- Lasciâ che ûn ō cante; Lascar cantar uno, vale Non gli dar retta, Non curare il suo detto.
- Nō se pêu cantâ e portâ a croxe; Non si può portar la croce e cantare o suonar le campane, Non si può bere e zufolare, Non si può strigliare e tener la mula, Non si può tener la farina in bocca e soffiare, Non si può attendere alla casa e a' campi. Prov. che valgono Non si può fare nello stesso tempo due cose contrarie.
- s. m. Cantàro: Unità di peso che in Toscana e in Liguria è di 150 libbre, ossia di sei rubbi, ed equivale a 47 chil. 560 gr. del peso decimale.
- Stadera: Strum. col quale si pesano diverse robe, benchè gravissime e di gran mole, sostenendole in bilico con un unico contrappeso, chiamato Romano o Piombino, fatto scorrere a debite distanze lungo lo stile. Alla testa di questo stile sono attaccati uno o due ganci, ai quali si sospende la roba che si vuol pesare.
Voci vicine: canonizzaziōn; canotto; cansōn; cansōnâ; cansōnetta; cantâ; cantabrûnn-a; cantadô (grillo); cantaride; cantê; cantëgoa.